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Qualità dell'aria

Qualità dell’aria indoor: cos’è e come si misura

By 18 Maggio 2022Giugno 20th, 2022No Comments

Cos’è la qualità dell’aria indoor?

La qualità dell’aria indoor è una disciplina della termotecnica che si occupa del controllo dei contaminanti (o inquinanti) all’interno di ambienti residenziali e industriali e viene indicata nella letteratura scientifica con l’acronimo inglese IAQ (Indoor Air Quality). Gli inquinanti che si trovano negli ambienti chiusi vengono prodotti dalle fonti più disparate: dai materiali di costruzione, dalle vernici, dai detergenti, dagli impianti di riscaldamento e raffrescamento, ma anche dalle persone stesse che occupano e vivono un ambiente. Si tratta quindi di sorgenti interne, che per la loro natura non possono essere eliminate del tutto, e che producono in maniera continua sostanze potenzialmente dannose per la salute.

Perché l’IAQ è importante

Se fino a qualche anno fa il tema della IAQ non riscuoteva un grande interesse, negli ultimi anni stiamo assistendo a un’attenzione crescente, in particolare durante e dopo il periodo pandemico. Questo perché, come vedremo all’interno di questo blog, un’aria con alti inquinanti di produzione umana è anche un’aria che può veicolare i virus trasmissibili per via aerea.

L’aria infatti rappresenta il mezzo di trasporto dei contaminanti all’interno degli ambienti e avere il controllo della sua qualità vuol dire non solo misurare i contaminanti ma anche individuare le strategie per riportarli sotto una soglia di concentrazione accettabile, in modo che questi non siano dannosi per la salute. Una certa sostanza può essere innocua o dannosa in base alla concentrazione in ambiente. Ad esempio, il vapor d’acqua all’interno dell’aria, che di certo non è di per sé una sostanza inquinante, viene trattato a tutti gli effetti come tale per valori superiori al 60% (umidità relativa) e quindi, dove possibile, si procede alla sua riduzione tramite sistemi di deumidificazione.

Il “cappotto” e il rischio dell’effetto “tappo”

Le condizioni di inquinamento indoor sono peggiorate rispetto al passato a causa di diversi fattori, tra cui l’impiego di materiali per l’edilizia potenzialmente inquinanti, il largo utilizzo di fotocopiatrici, stampanti e la forte tendenza ad isolare gli ambienti: gli obiettivi sempre più stringenti, legati alla riduzione dei consumi energetici, hanno portato alla costruzione di edifici con involucri e serramenti altamente performanti a livello di tenuta, in cui le infiltrazioni sono quasi nulle e si tende a minimizzare i ricambi d’aria, che sono considerati dispendiosi dal punto di vista energetico.

Attenzione dunque: cambiare serramenti ed eliminare le infiltrazioni è sicuramente doveroso e importante, ma potrebbero creare un effetto “tappo”. Se l’aria non viene ricambiata opportunamente, tutto quello che è prodotto all’interno ristagna nell’ambiente e potenzialmente si creano situazioni dannose per la nostra salute.

La scarsa attenzione ad areare opportunamente gli ambienti unita alla presenza fissa di sorgenti di contaminanti fanno sì che l’aria interna è quasi sempre più inquinata rispetto a quella esterna ed è proprio negli ambienti interni che trascorriamo la maggior parte del nostro tempo. Per questi motivi che saranno approfonditi nell’articolo Perché è importante aprire le finestre, ventilare l’ambiente in maniera opportuna è una questione di primaria importanza per la nostra salute e per il nostro benessere.

Classificazione dei contaminanti

Quali sono dunque gli inquinanti indoor?

Una prima classificazione può essere fatta in base allo stato fisico: si parla di contaminanti solidi, liquidi o gassosi.

I contaminanti allo stato solido sono rappresentati da virus, spore, muffe e polveri sottili, chiamate anche particolato.

Si parla invece di inquinanti allo stato liquido quando si è in presenza di condense sotto forma di goccioline liquide sospese in aria, che si formano principalmente per valori elevati di umidità.

Infine, i contaminanti allo stato gassoso si dividono principalmente tra quelli prodotti dall’uomo, il cui esempio principale è l’anidride carbonica (CO2) che deriva dalla respirazione delle persone nell’ambiente, e quelli che non sono generati dall’uomo ma da materiali e processi presenti in ambiente o emessi dal terreno sul quale l’edificio viene costruito.

Con l’acronimo VOC (Volatile Organic Compounds), in italiano COV (composti organici volatili), si indicano composti chimici volatili che sono i principali contaminanti rilasciati dai materiali presenti in ambiente. Nella definizione dei VOC si fa riferimento alla proprietà chimica della volatilità, ossia alla propensione delle molecole a staccarsi dal materiale dal quale hanno origine e diffondersi in ambiente. Tale comportamento è tipico delle molecole che si trovano in molti materiali e prodotti comuni, che si usano nella vita di tutti i giorni, come ad esempio colle, adesivi, solventi, vernici, deodoranti, prodotti per la pulizia, materiali. Sotto riportiamo una tabella pubblicata dal Ministero della Salute che elenca i principali contaminanti appartenenti alla famiglia dei VOC e i materiali dai quali derivano.

Tipologia di inquinante VOC

Sorgente

Propano

Butano

Esano

Limonene

Combustibili, detersivi, propellenti ad aerosol, refrigeranti, basi di profumi, aromatizzanti
Cloroformio

Cloruro di metilene

Pentaclorofenolo

Propellenti ad aerosol, pesticidi, refrigeranti, sgrassatori
Benzene

Toluene

Xilene

Vernici, pitture, colle, smalti, lacche, detersivi
Alcooletilico

Alcool metilico

Detersivi per finestre, vernici, diluenti, adesivi, cosmetici
Formaldeide

Acetaldeide

Fungicidi, isolanti, germicidi, resine, disinfettanti, arredi a base di truciolato

 

Gli inquinanti chimici sono sostanze attive dal punto di vista chimico e che quindi possono innescare reazioni chimiche, come ad esempio il gas metano che può essere accidentalmente emesso in ambiente e può innescare pericolose reazioni di combustione. Analogamente, gli inquinanti radioattivi sono quelli attivi dal punto di vista radiologico, ossia emettono radiazioni (ad esempio radon, radio, iodio, plutonio, uranio). I contaminanti biologici (virus, spore, batteri) sono dei veri e propri esseri viventi e quindi attivi biologicamente: nascono, crescono, prolificano e . Infine, ci sono gli inerti che non sono attivi dal punto di vista chimico, radioattivo e biologico, ma la cui presenza può causare dei seri danni alla salute. Ad esempio, la sola presenza di polveri sottili all’interno dei polmoni può impedire il corretto funzionamento dell’organismo, pur essendo queste inerti dal punto di vista chimico, radiologico e biologico.

 

Come si misurano le concentrazioni degli inquinanti in ambiente

Polveri sottili

L’unità di misura del particolato può essere gravimetrica (massa inquinante per unità di volume, µm/m3 o mg/m3) o numerica (numero di particelle per unità di volume, n/m3) a seconda dalle dimensioni delle polveri, che possono variare all’interno di un range molto ampio: si va da 0,01 µm fino a 100 µm. Si utilizzano misure gravimetriche per le particelle più grosse, di cui è possibile misurare la massa e quindi il peso, mentre per le particelle più piccole si fa una vera e propria conta all’interno di un volume di riferimento.

Molto spesso si parla di PM 2,5 e PM 10 e con queste diciture si fa riferimento alle polveri sottili che misurano rispettivamente meno di 2,5 µm e di 10 µm. Giusto per avere un’idea sulle dimensioni, il diametro di un capello misura circa 100 µm. Si tratta quindi di inquinanti molto piccoli (il diametro del PM 2,5 è circa 40 volte più piccolo di quello di un capello e mentre il PM 10 circa 10 volte) e per questo particolarmente insidiosi, in quanto non riescono ad essere filtrati dal nostro naso e si possono depositare all’interno dei polmoni, dando potenzialmente origine a malattie molto serie per l’uomo.

Contaminanti biologici

L’unità di misura è il numero di colonie formate per unità di volume (CFU/m3). Quest’unità di misura fa riferimento alla metodologia utilizzata per la sua determinazione (piastre di Petri). Come prima, anche in questo caso può essere utilizzato come unità di misura anche il numero di particelle per unità di volume (n/).

Contaminanti radioattivi

Possono essere misurati in base al tipo di radiazione emessa (α, β, γ). Il Sistema Internazionale fa riferimento al Bequerel (Bq), che misura l’attività di una sorgente radioattiva in termini di nuclei in decadimento per secondo. I contaminanti radioattivi possono essere di origine naturale o derivare da centrali nucleari per la produzione di energia elettrica o da depositi di scorie radioattive dovute ad attività industriali o armi.

Il principale contaminante radioattivo di origine naturale è il Radon che è un gas presente nel terreno o in alcune rocce utilizzate spesso come materiale di costruzione (tufo o graniti) e se inalato in quantità significative è molto pericoloso per la salute, essendo cancerogeno. In Europa la normativa impone delle soglie di emissione del Radon in ambito edilizio. Ad esempio, i valori raccomandati dalla Comunità Europea sono di 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m³ per quelle già esistenti. Da una campagna di misura dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato misurato che il valore medio di concentrazione di gas Radon è all’incirca di 77 Bq/m³.

Inquinanti gassosi,

Parlando di inquinanti gassosi si fa riferimento a misure massiche (massa inquinante per unità di volume, µm/m3 o mg/m3) o molto più spesso a misure molecolari, indicate nella letteratura tecnica come molari. Una misura molare indica il numero di molecole dell’inquinante rispetto al numero totale di molecole presenti in un volume di riferimento. In questo caso l’unità di misura si chiama Parti per milione o Parti per miliardo, indicate rispettivamente con le sigle PPM e PPB; è un’unità di misura adimensionale, che indica un rapporto tra quantità misurate omogenee che sono in rapporto di un milione (PPM) o un miliardo (PPB) a uno. Ad esempio, se nell’ambiente ho una concentrazione di CO2 pari a 800 PPM vuol dire che, in un volume di riferimento, ci saranno 800 molecole di CO2 su un milione di altre molecole.

I PPM o PPB vengono utilizzati solitamente per livelli di concentrazione di un determinato inquinante estremamente bassi, ma non per questo non potenzialmente pericolosi; alcuni inquinanti possono essere dannosi anche a bassissime concentrazioni.

I sensori di tipo NDIR o fotoacustici sono in grado di misurare in maniera diretta e accurata concentrazioni gassose dell’ordine dei PPM. Altri sensori misurano le concentrazioni gassose in maniera derivata, e pertanto sono molto meno accurati dei precedenti.

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